Pagina (164/538)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Immaginate con me ciò che dovè fare e dovè dire il tiranno prima di morire. Poichè il giovane fu da me trucidato e trafitto di molte ferite nella faccia, affinchè più se ne dolesse il padre e se ne sconturbasse a vederlo; lamentavasi miseramente e chiamava il genitore, non suo aiuto e difesa (chè sapevalo già vecchio e debole), ma spettatore delle domestiche sventure. Io che ero l’autore di tutta la tragedia mi ritiro, e lascio ad un altro attore il cadavere, la scena, la spada, e il resto della rappresentazione. Sovraggiunge egli, e vedendo l’unico figliuol suo già dare i tratti, tutto insanguinato e pieno di ferite e di squarci profondi e mortali, così dice: Ohimè, figliuol mio, siam perduti, siam morti, siamo uccisi come tiranni! Dov’è l’uccisore? perchè non uccide anche me? perchè mi risparmia, avendo ucciso te, o figliuolo? Forse mi spregia come vecchio, e per maggiore tormento vuole allungarmi la morte, ed uccidermi a poco a poco? – Così dicendo cercava una spada; chè egli era disarmato, e confidava tutto nel figliuolo. E la spada non gli mancò: io già l’aveva preparata, e lasciata a quest’uso. E traendo dalla ferita la spada sanguinosa, dice: Poco fa mi uccidesti, ora ristorami, e vieni, o spada, a consolare un padre infelice, ad aiutare la vecchia mano: uccidimi, e toglimi di questo dolore. Oh t’avessi scontrata prima io! oh non si fosse mutato l’ordine del morire! Fossi morto, da tiranno sì, ma con isperanza di vendetta: non così senza figliuoli, senza neppur uno che mi uccida!


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





Ohimè