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      Fanno come se uno vedendo tra voi un ladro precipitato dalla rupe, non pensando a ciò che costui fece, come di notte entrò nel tempio, rubò i voti, e contaminò il simulacro, vi accusasse di troppa ferocità, che voi essendo Greci ed in fama di santi, sofferite che un Greco, vicino al tempio (chè non lungi dalla città dicono stia la rupe) sia menato a siffatta pena. Ma credo che voi vi ridereste di chi vi dicesse questo, e tutti gli altri loderanno la vostra crudeltà contro un empio. Insomma i popoli non considerando chi è colui che li regge, se giusto o ingiusto, abborriscono proprio il nome della tirannide; ed il tiranno, sia anche un Eaco, un Minosse, un Radamanto, cercano ad ogni modo distruggere: avendo sempre innanzi agli occhi i tiranni cattivi, i buoni, perchè hanno lo stesso nome, te li mettono nello stesso fascio, e li odiano dello stesso odio. Eppure io ho udito che fra voi altri Greci molti tiranni sono stati sapienti, i quali sotto un nome che pare sì brutto mostrarono un’indole buona e placida; e che certi brevi detti di alcuni di essi stanno scritti e riposti nel vostro tempio, come offerte e voti ad Apollo. Vedete come anche i legislatori badano moltissimo alla sembianza della pena, perchè nessun’altra cosa giova, se non c’è il timore e l’aspettazion del castigo. Questo è molto più necessario a noi altri tiranni che comandiamo per forza, e viviamo tra nemici ed insidiatori, coi quali non giovano spauracchi, ma si ha a fare come con l’idra della favola. Chè quanto più scavezziamo, tanto più rinascono occasioni di punire.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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