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      Il mio ministro e interpetre onorate.
      Chè non mi stanno molto a cuore i doni;
      Ma il mio ministro e interpetre fedele.
      Ma già molti uomini di senno, come risvegliati da profonda ubbriachezza, si levavano contro di lui, massime i seguaci di Epicuro, che eran molti; e nelle città a poco a poco s’era scoperta l’astuzia e l’apparato del suo dramma: onde egli se ne sdegnava fieramente e diceva, che il Ponto era pieno di Atei e di Cristiani, i quali ardivano di bestemmiare bruttamente contro di lui, e comandava li lapidassero se si voleva far cosa grata al dio. Intorno ad Epicuro rispose con questo oracolo: dimandandogli uno che fa Epicuro nell’inferno, disse:
      Tra catene di piombo sta nel fango.
      E ti maravigli che l’oracolo si levò a tanta altezza, vedendo che sennate ed aggiustate dimande gli erano fatte? Ma ad Epicuro ei faceva guerra implacabile a morte: e con ragione. Con chi più doveva pigliarsela un impostore, amico de’ prodigi, e nimicissimo della verità, che con Epicuro severo osservatore della natura delle cose, e solo conoscitore della verità che è in esse? I seguaci di Platone, di Crisippo e di Pitagora gli erano amici, e stava in pace con loro; ma l’inflessibile Epicuro (come ei lo chiamava) era suo nemico sfidato, come quello che piglia a riso e giuoco tutte queste cose. E però odiava Amastri fra le città del Ponto, perchè sapeva che v’erano molti della scuola di Lepido ed altri epicurei: e non diede mai oracoli a nessuno Amastriano. Una volta che ardì di dare un oracolo ad un fratello d’un senatore, rimase scornato, non trovando come comporre da sè una risposta conveniente, nè avendo a punto chi gliene suggerisse.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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