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      Ed egli essendo amico di moltissimi e de’ più potenti cittadini, andava strombettando con tutti, sciorinava ciò che gli avevano detto i suoi messi, magnificava, v’aggiungeva del suo: per modo che ne riempì tutta la città, la mise sossopra, ed invogliò molti cortigiani, che tosto vennero all’oracolo per dimandar loro ventura. Alessandro li accoglieva assai cortesemente, e con doni ospitali e magnifici se li rendeva affezionati: e quelli al loro ritorno non pure narravano le loro dimande, ma ricantavano le lodi del dio, maraviglie dell’oracolo e del profeta, ed un monte di bugie. Quel gran pezzo di ribaldo usava un’altra astuzia, non isciocca, nè di mariuolo da dozzina: chè sciogliendo le polizze mandategli e leggendole, se vi trovava qualche sdrucciolo e pericolo nelle dimande, ei non rispondeva nè le rimandava, per tenere soggetti e quasi servi quelli che gliele avevano mandate, e che temevano ricordando le dimande fatte. Tu comprendi quali cose potevano dimandare i ricchi ed i potenti. E però egli riceveva gran doni da costoro, che si sentivano presi nelle sue reti.
      Ora voglio dirti alcuni degli oracoli che egli diede a Rutiliano. Gli dimandava costui intorno a un suo figliuolo avuto dalla prima moglie e già in età da studi, chi dovria dargli per maestro; ed ei rispose:
      Pitagora, e il gran Vate delle pugne.
      Indi a pochi dì il fanciullo morissi, ed egli smarrito non sapeva che dirsi essendo così subito sbugiardato dal fatto: ma il buon Rutiliano lo soccorse, difese l’oracolo, e disse che il dio aveva parlato chiaro, additandogli non un maestro vivo, ma Pitagora ed Omero, morti da tanto tempo, e coi quali ora quel suo figliuoletto si stava nell’Orco.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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