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      Licino. Dimmi, o Cratone, tu biasimi così il ballo e ciò che si fa in teatro, perchè l’hai veduto molte volte; o pure non avendo mai veduto questo spettacolo, lo credi turpe e vituperevole, come tu dici? Se l’hai veduto, diventasti anche tu come me; se no, bada che non sia d’uomo irragionevole o presuntuoso biasimar quello che non conosci.
      Cratone. Questo mi mancava, con sì gran barba e coi capelli bianchi seder in mezzo alle donne e fra quei pazzi spettatori, e batter le mani ancora, e sconciamente applaudire ad un birbone che fa sozze moine.
      Licino. Ti compatisco, o Cratone: ma se tu volessi fare una volta a modo mio, e così per prova vederlo una volta, ti so dire che ci apriresti gli occchi, e correresti prima degli altri ad occupare un posto, donde vedere benissimo e udire ogni cosa.
      Cratone. Mi caschino gli occhi, se mai consentirò a questo, finchè avrò le gambe pelose e la barba irsuta: ora ho pietà di te che se’ davvero impazzato.
      Licino. Vuoi dunque, o amico mio, lasciando queste ingiurie, ascoltarmi un po’? Io ti parlerò del ballo, e dei pregi che ha, e come non pure è dilettevole ma utile agli spettatori, e quante cose insegna, e di quante ammaestra, e come armonizza l’anima, avvezzandola a vedere spettacoli bellissimi, ed occupandola a udire cose ottime, e ti presenta una bellezza di animo e di corpo insieme. Che per fare questo si aiuti della musica e del ritmo, ciò non gli torna a biasimo, ma piuttosto a lode.
      Cratone. Io veramente non ho tempo di udire un pazzo, che mi loda la sua pazzia: ma se tu vuoi cianciare un poco con me, ed io son pronto a rendere un servigio ad un amico, a prestarti le orecchie, che senza cera possono udire ogni sciocchezza.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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