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      Ora voglio discorrere delle virtù che deve avere un mimo, come dov’essere esercitato, che avere imparato, in che esser forte, acciocchè tu vegga non esser questa un’arte lieve e che ognuno può fare, ma stare in cima a tutte le discipline, non pure alla musica, ma all’arte ritmica ed alla metrica, ed alla tua filosofia specialmente, sia fisica, sia etica, chè la dialettica l’e inutile. Nè si rimane indietro all’oratoria, anzi se ne giova, in quanto che dimostra i costumi e le passioni, come gli oratori desiderano tanto di fare. E neppure si lascia vincere dalla pittura e dalla scultura, ma si mostra di saper così bene imitare la convenevolezza di queste arti, che nè FidiaApelle pare ne sappiano più di lei. Prima di tutto il mimo si propone di avere amica Mnemosine e la figliuola Polimnia, e tenta di ricordare ogni cosa; chè egli, come il Calcante d’Omero, dove conoscere quel che è, quel che sarà, quello che fue; niente deve sfuggirgli, tutto stargli schierato innanzi la memoria. Insomma questa è una scienza imitativa, dimostrativa, espressiva dei pensieri, dichiarativa dell’intimo senso. E quel che diceva Tucidide a lode di Pericle sarebbe il maggior pregio del mimo, nelle cose intendere il necessario, e spiegarlo, spiegarlo dico ed esprimerlo con l’atteggiare. Tutto l’apparato che ci vuole per questo è l’antica istoria, come ho detto, che si deve prontamente ricordare, e convenevolmente rappresentare. Onde cominciando dal caos, e dal primo nascimento del mondo, bisogna conoscere tutti gli avvenimenti, sino a Cleopatra egiziana.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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