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      Io ci ho, rispose, certi vicini barbari, di lingua diversa dalla nostra, e non posso trovarci buoni interpetri. Se dunque io avrò bisogno di qualcosa, costui mi farà intendere tutto coi gesti. Tanto lo colpì la imitazione del mimo, la quale gli parve chiara ed evidente. Il maggiore studio e lo scopo della mimica è l’imitazione, come ho detto: alla quale attendono nel modo stesso anche gli oratori, specialmente quelli che fanno le così dette declamazioni. Infatti in queste è molto lodata quando è conveniente al personaggio che si piglia, quando le parole non discordano dalla condizione dei valorosi, dei tirannicidi, dei poveri, degli agricoltori ches’introducono a parlare, ma dimostrano ciò che è proprio e particolare a ciascuno di essi. E voglio dirti un motto di un altro barbaro su questo proposito. Vedendo cinque maschere preparate per un mimo (che tante parti aveva l’azione) e vedendo un solo mimo, dimandò dov’erano gli altri mimi che dovevano rappresentare gli altri personaggi? E saputo che uno li rappresentava tutti, non sapevo, disse, che tu, o valentuomo, hai un corpo solo e molte anime. Così il barbaro. E gl’Italiani non impropriamente chiamano il danzatore pantomimo, quasi da quello che ei fa, che imita ogni cosa. E quel bello e poetico consiglio è necessario anche al mimo:
      Forma la mente come il polpo ha il cuoioDel color dello scoglio a cui s’attacca,
      E poi per le città vattene, o figlio(54).
      ed egli deve attaccarsi alle cose, ed invasarsi di ciò che egli fa. Insomma il ballo ti vuole mostrare e rappresentare costumi e passioni, mettendoti innanzi ora un innamorato, ora uno sdegnato, ora un furioso, ora un afflitto, e tutto questo fra certi termini.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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