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      Correzioni apportate nell’edizione elettronica Manuzio:
     
      Bellorofonte e Stenobea = Bellerofonte e Stenobea
     
     
      XXXIII.
      LESSIFANE.(56)
     
      Licino e Lessifane.
     
      Licino. Il caro Lessifane con un libro?
      Lessifane. Gnaffe, o Licino: è un de’ miei scritti d’uguanno, proprio il da sezzo.
      Licino. Oh, tu ci scrivi qualcosa di sozzo?
      Lessifane. Mainò, non dissi sozzo, ma sezzo: così si chiama uno scritto fresco fatto: tu sembri avere le orecchie stoppate di cerume.
      Licino. Perdona, amico mio: sezzo suona quasi come sozzo. Ma dimmi che contiene lo scritto?
      Lessifane. Un Convito che sgara quello del figliuol d’Aristone.
      Licino. Ci ha molti Aristoni; ma tu menzionando un Convito parmi che intendi Platone.
      Lessifane. Ben t’apponesti: ma altri non vi avrebbe imberciato.
      Licino. Dunque leggimi qualcosa del libro, per non lasciarmi del tutto fuori la festa. E credo me lo mescerai un centellino di nèttare.
      Lessifane. Pon giù il seme dell’ironia, sturati le orecchie, ed ascolta: non ci sia cerume che le stoppi.
      Licino. Di’ pure, e non temere nè di stoppa, nè di canapo, nè di corda.
      Lessifane. Bada intanto, o Licino, come conduco il discorso, se è proemieggiato bene, sfoggiato di bello stile, e benfrasato, e bendettato.
      Licino. Così dev’essere, se egli è tuo. Ma via, comincia.
      Lessifane (legge). «Dipoi ceneremo, disse Callicle: quinci a vespro spasseggerem nel Liceo: ora che siam su la caldana è tempo di ugnerci, e vaporarci al sole, e dopo il bagno manucare. Via su avviamoci. E tu, o ragazzo, la stregghia, la pelle, la lingeria, il sapone, carreggiami tutto nel bagno, e portaci la mercede al bagnaiuolo, chè ci ha in fondo al forziere du’ oboli.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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