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      (75) Ma Diocle rispondeva che anche costui, se ci vivesse e avesse quella pretensione, egli lo escluderebbe senza riguardo alla sua gran fama: anzi ricordava parecchi motti che alcuni stoici e cinici gli lanciarono su quel difetto del corpo. Intanto fra i giudici si discuteva, e si propose questa quistione: se è da approvare un eunuco che s’inframette nella filosofia, e se è da confidargli il governo dei giovani. L’uno diceva che per un filosofo ci vuol l’aspetto e l’integrità della persona, e specialmente una gran barba che gli dia autorità presso quelli che vanno da lui per imparare, e sia degna di quel migliaio che ei riceve dall’imperatore; che la condizione dell’eunuco è peggiore di quella dei Galli di Cibele: perchè questi una volta hanno avuta virilità, ma esso come nasce è castrato, ed è un animal dubbio, come le mulacchie che non sono annoverate nè tra i corbi nè tra le colombe. L’altro poi rispondeva: che lì non si giudicava del corpo, ma della forza dell’animo, e che si doveva esaminare la intelligenza e la scienza delle dottrine: e invocava l’autorità di Aristotele, che ebbe in grande ammirazione l’eunuco Ermea, il tiranno d’Atarne, fino ad offrirgli sacrifizi come si fa agl’iddii. E Bagoa ebbe ardire di aggiungere un’altra cosa: che più acconcio maestro ai giovani è un eunuco, perchè non gli si può appiccar calunnia addosso, nè dare l’accusa di Socrate, che ei corrompe la gioventù. Ed essendo stato motteggiato perchè egli era imberbe, scappò a dir questa che a lui parve una piacevolezza: Se dalla barba lunga si dee giudicar dei filosofi, un caprone dovrà andare innanzi a tutti.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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