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      In questo entra in mezzo un terzo, di cui taccio il nome, e dice: Eppure, o giudici, questa guancia liscia, questa vocerellina di femmina, questi che pare un eunuco, se gli calate le brache lo troverete ben maschio: e se non mentisce chi lo dice, una volta ei fu colto anche in adulterio, e proprio in fatto flagrante, come dice la legge. Allora egli si finse eunuco, e trovata questa scappatoia, la scampò; non credendo quei giudici all’accusa, chè non rispondeva all’aspetto: ora pare che voglia dire tutto l’opposto per beccarsi egli tutta la provvisione. A queste parole scoppiò un riso generale, come puoi immaginare. Bagoa più smarrito, si faceva di mille colori, e sudava freddo: dire di sì per l’accusa dell’adulterio, non istava bene; dire di no, si privava di non lieve appoggio alla sua causa.
      Panfilo. Oh, la è ridicola davvero, o Licino, e ci avete dovuto avere uno spasso grande. Ma infine che avvenne, e come i giudici la decisero?
      Licino. Non eran tutti d’un parere: ma chi voleva che lo spogliassero, come si fa agli schiavi, e gli osservassero i testicoli, se eran buoni a filosofare: altri proponeva una cosa più nuova, mandare per qualche baldracca, farlo stare con essa, ed un giudice il più vecchio e più degno di fede assistere, e vedere, se ei sa filosofare. Infine perchè tutti si sbellicavano dalle risa, e non c’era nessuno cui non dolesse il ventre sbattuto, fu risoluto di sospendere e rimandare in Italia il giudizio. Ed ora si dice che l’un campione si esercita per isfoggiar sua eloquenza, e si apparecchia ed aggiusta l’accusa, e tocca l’imputazione dell’adulterio, senza accorgersi che questa è contraria a lui, che ei si dà della sua scure sulle gambe, e che dando questa imputazione all’avversario lo annovera tra gli uomini.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





Licino Italia