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      Adorano anche il toro in onore del toro celeste; ed Api è una cosa santissima per essi, va pascolando per il paese, e gli hanno rizzato un tempio dov’è un oracolo, segno della divinazione del toro celeste. Dopo non guari anche i Libii vennero a quest’arte: e il libio oracolo d’Ammone fu anch’esso trovato ad imitazione del cielo e della sapienza celeste, in quanto che fanno Ammone con la faccia di ariete. Tutte queste cose furono conosciute dai Babilonesi, ed essi dicono, prima degli altri: ma a me pare che molto di poi giunse quest’arte a loro.
      I Greci nè dagli Etiopi nè dagli Egizi appresero l’astrologia: ma Orfeo di Eagro e di Calliope fu il primo che ragionò loro di queste cose, non apertamente, nè divulgò quest’arte, ma la chiuse negl’incantesimi e nella religione, come era suo umore. Avendo composta la lira, celebrava orgie, e cantava inni sacri: e la lira essendo di sette corde simboleggiava l’armonia dei sette pianeti. Queste cose investigando Orfeo, ed a queste ripensando, tutto dilettava, tutto vinceva. Non guardava egli alla lira che aveva in mano, nè si curava d’altra musica, ma la gran lira d’Orfeo era questa. Ed i Greci per questa cagione onorandola, le assegnarono un posto in cielo, ed un gruppo di stelle si chiamano la lira di Orfeo. Se mai dunque vedrai in mosaico o in pittura rappresentato Orfeo, che siede in atto di cantare tenendo in mano la lira, e intorno a lui stare animali moltissimi, tra i quali l’uomo, il toro, il lione, ed altri; quando vedrai questo, ricórdati che vuol dire quel canto e quella lira, e che toro e che lione stanno ad ascoltare Orfeo.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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