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      Chè come si può credere mai che Enea nacque di Venere, Minosse di Giove, Ascalafo di Marte, Autolico di Mercurio? Ciascuno di questi fu caro a un dio, sì, e chi nacque sotto l’influenza di Venere, chi di Giove, chi di Marte. Chè il pianeta dominante nella generazione, quello, come fanno i genitori, rende gli uomini a sè simiglianti nel colore, nell’aspetto, nelle opere, nell’animo. Fu re Minosse perchè dominava Giove, bello Enea perchè così volle Venere, ladro Antolico perchè il ladroneccio gli venne da Mercurio. E così Giove non legò Saturno, nè lo cacciò nel Tartaro, nè si brigò di tutte quelle cose che gli uomini credono. Ma Saturno gira nell’ultima orbita e più lontana da noi, ha un moto lento, e non si vede facilmente dagli uomini, però dicono che egli non può muoversi, e sta come incatenato. E poi la gran profondità del cielo chiamasi Tartaro. Specialmente in Omero poeta, e nei versi di Esiodo si può vedere antichi riscontri con l’astrologia: così quando ei parla della catena di Giove,(77) dei buoi del Sole, che io credo sieno i giorni, e della città che Vulcano fece nello scudo, e del coro, e della vigna. E ciò che ei dice di Venere, e dell’adulterio di Marte, senza dubbio non l’ha preso altronde che da questa scienza: chè lo scontro del pianeta di Venere con Marte fece nascere la poetica invenzione d’Omero. Il quale poi in altri versi distingue le opere dell’una e dell’altro: di Venere diceTu le soavi tratti opre d’amore,
      e le opere della guerraStanno al celere Marte e a Palla in cuore.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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