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      Cercava di rappattumare i fratelli discordi, di metter pace tra le mogli ed i mariti, e talvolta nelle dissenzioni del popolo parlò acconciamente, e persuase alla moltitudine di fare il bene della patria. Di questa natura era la sua filosofia, dolce, amabile, allegra. Solamente lo addolorava la malattia o la morte di un amico, perchè stimava l’amicizia il maggior bene degli uomini: e però egli era amico a tutti, e teneva per prossimo chiunque era uomo. Con alcuni più, con alcuni meno si piaceva di conversare; abbandonava quei soli che gli parevano marci nei vizi e senza speranza di poterli guarire. E tutte queste cose con tanta grazia e con tanta leggiadria ei faceva e diceva, che sempre, come dice il Comico, la Persuasione gli sedeva su le labbra. Laonde tutto il popolo ateniese ed i magistrati l’ammiravano grandemente, e lo stimavano come uno de’ più ragguardevoli cittadini. Eppure da prima egli offese molti, e si tirò addosso l’odio della moltitudine pel suo libero e franco parlare, e gli sursero contro parecchi Aniti e Meliti con quella vecchia accusa, che egli non fu veduto mai fare un sacrifizio, e che egli solo fra tutti non era iniziato nei misteri eleusini. Per il che egli con grande animo, coronato di fiori, e vestito di bianca veste venne nel parlamento del popolo, e si difese con efficacia, anzi con acerbezza insolita in lui. Per ribattere l’accusa di non aver mai sacrificato a Minerva, ei disse: «Non vi maravigliate, o Ateniesi, se io finora non ho fatto sacrifizi alla dea: perchè io non credevo che ella avesse bisogno dei sacrifizi miei.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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