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      Un senatore romano presentandogli in Atene un suo figliuolo molto leggiadro, ma tutto cascante e tenero come una femminetta, gli disse: Questo mio figliuolo ti saluta. E Demonatte rispose: Bello, e degno di te, e simile a sua madre.
      Ad un filosofo cinico che aveva indosso una pelle d’orso, e si chiamava Onorato, che vuoi dire Vedilasino, ei diceva saria meglio chiamarlo Arctesilao, cioè Scorticalorso.
      Uno gli domandò in che riponeva egli la felicità? rispose: Solo l’uomo libero è felice. E quegli: Ci ha tanti liberi! Ed ei: Per me è libero chi non teme nè spera nulla. E colui: Ma come ci può essere costui, se tutti siamo servi di queste due passioni? Ed egli: Se consideri le cose umane, troverai che per esse non si dee nè sperare nè temere, perchè passano tutte e le spiacevoli e le piacevoli.
      Peregrino, detto il Proteo, lo rimproverava come ei ridesse sempre e scherzasse sugli uomini, e diceva: O Demonatte, tu non fai mai il cane. — E tu non mai l’uomo, o Peregrino; rispose.
      Mentre un certo fisico parlava degli antipodi, egli si levò, lo menò presso a un pozzo, e additandogli nell’acqua la sua ombra, gli domandò: Questi dici tu che sono gli antipodi?
      Ad uno che spacciava di esser mago ed avere un incantesimo col quale si faceva obbedire da tutti e dare ciò che voleva, ei disse: Non è maraviglia cotesto, e lo so fare anch’io. Vieni con me da una fornaia, e vedrai ch’io con due parole e un certo incantesimo mi farò ubbidire e darmi del pane. Alludeva alla moneta che ha potere d’un incanto.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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