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      Io stesso un dì l’udii dire ad un giurisperito come le leggi spesso sono inutili ai buoni ed ai malvagi, perchè quelli non han punto bisogno di leggi, e questi non diventano punto migliori per leggi.
      Dei versi d’Omero ripeteva spesso quello:
      Muore e chi nulla fece, e chi fe’ molto.
      Lodava anche Tersite, e diceva che era un bravo oratore cinico.
      Dimandato una volta quale filosofo egli stimasse di più, rispose: Tutti sono mirabili; ma io rispetto Socrate, ammiro Diogene, amo Aristippo.
      Visse intorno a cent’anni senza malori, senza dolori, non importunando alcuno, nè chiedendo nulla, utile agli amici, senza aver mai un nemico. Tanto amore avevano per lui gli Ateniesi e tutti i Greci, che quando ei passava, i magistrati si rizzavano in piedi, e tutti si tacevano. Essendo assai innanzi negli anni spesso gl’interveniva d’entrare a caso in un’abitazione, ed ivi mangiava e dormiva; e la gente di quella casa credevano che fosse loro comparso un dio, e che fosse entrato un buon genio in casa loro. Quando passava per via, le fornaie lo tiravano di qua e di là, ciascuna voleva che egli prendesse il pane da lei, e quale di esse poteva darglielo, credeva di avere la buona ventura. I fanciulli gli portavano frutti, e lo chiamavano babbo. Essendo nata in Atene una sedizione, egli entrò nel parlamento, e col solo mostrarsi fece tacere tutti: accortosi che il popolo era tornato in sè stesso, senza far motto se n’uscì. Come sentì che ei non poteva più bastare a sè stesso, recitando a quei che stavano presenti i versi che il banditore dice dopo i giuochi:


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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