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      Togli di mezzo, amico mio, ogni dissimulazione, e quel parere che ti detta il tuo giudizio intorno ai miei amori, quello dammi.
      Licino. E credi questa una cosa da giuoco e da burla, o Teomnesto? La è più seria che tu non pensi. Io poco fa ho avuto per mano questa quistione, e so che non è a farsene gabbo, da che ho udito due che vi si accapigliavano, e me ne ricorda ancora, e li ho ancora negli orecchi. Erano diversi di opinione e di passione, non come te che facile e pronto fai due servigi e buschi due paghe,
      Pasci giovenchi, e guidi bianche agnelle;
      ma l’uno si piaceva moltissimo dei garzoni, credendo che le femmine sono un nabisso, l’altro era mondo d’amori maschili, ed impazziva per le donne. Essendo io arbitro della contesa fra le due passioni, non ti so dire il diletto che ne presi. E le cose che dissero mi sono rimaste così sigillate nella mente, come se le avessi udite ieri. Onde senza pigliarla più per le lunghe, ciò che dissero l’uno e l’altro ti sporrò puntualmente.
      Teomnesto. Ed io levandomi di qui, mi ti sederò dirimpetto,
      Dalle labbra pendendo del Pelide
      Finchè finisca il canto.
      e tu l’antica gloria dell’amorosa disputa dinne col canto.
      Licino. Essendomi risoluto di navigar per Italia, m’ebbi una nave sparvierata, di queste biremi usate specialmente dai Liburni, gente che abita sul golfo Jonio. E quando fu pronta, io raccomandatomi a tutti gl’iddii del mio paese, ed invocato Giove ospitale ad assistermi in quel viaggio lontano, dalla città(83) con una muta di mule discesi al mare.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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