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      Ma giacchè pur conviene che i maschi parlino per le donne, parlino gli uomini per gli uomini. E tu siimi propizia, o Venere; chè anche noi onoriamo il tuo amore. Io dunque credevo che la nostra allegra contesa dovesse rimaner nello scherzo; ma giacchè costui ha voluto entrare in filosofia per difender le donne, io volentieri piglio questa occasione; e dico che il solo amore maschile è opera di virtù insieme e di piacere. Ed oh! quanto vorrei, se fosse possibile, che quel platano, che una volta udì i discorsi di Socrate, il più fortunato albero dell’Academia e del Liceo, stesse qui vicino a noi piantato, dove Fedro soleva adagiarsi, come disse quel sacro uomo che con tanta grazia lo descrive: chè forse esso, come il faggio di Dodona, mandando dai rami la sacra voce, loderebbe l’amor dei fanciulli, ricordando ancora del bel Fedro. Ma giacchè questo non si può,
      chè in mezzo vi son molteMontagne ombrose, e il risonante mare;
      e siamo forestieri in terra strana, e Cnido dà il vantaggio a Caricle; non però tradiremo la verità, cedendo per ignavia. Solamente tu, o genio celeste, ora m’assisti, sacro interprete dei misteri dell’amicizia, o Amore, non cattivo fanciullo, quale ti dipingono i pittori, ma generato dal primo principio generatore, e perfetto sin dal tuo nascimento. Tu dall’oscura ed informe confusione formasti l’universo: e togliendo il caos, che come un immenso sepolcro inviluppava tutto il mondo, lo cacciasti negli ultimi abissi del tartaro, dove sono veramenteE ferree porte, e limitar di bronzo;


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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