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      Le antiche discipline reputiamole necessarie: quelle poi che gli uomini ritrovarono con l’ingegno sono da onorare come migliori delle altre. Poco fa mi veniva quasi a ridere, quando Caricle lodava i muti animali, e i solitarii Sciti; e tanto si dibatteva che quasi si dispiaceva d’esser nato greco. Non come chi dice il contrario di quello che vorria dire, nè bassando la voce nascondeva le parole, no, ma a voce alta, e con quanto ne aveva in gola, diceva: I leoni, gli orsi, i cinghiali non amano il maschio, ma l’istinto li spinge solamente alla loro femmina. E che maraviglia? Ciò che l’uomo fa per buona ragione, essi che sono irragionevoli non possono farlo. Se Prometeo o qualche altro iddio avesse loro appiccato il giudizio umano, non vivrebbero solitarii su pei monti, non si divorerebbero l’un l’altro, ma come noi fabbricherebbon templi, avrebbe ciascuno il suo focolare, starebbero con leggi comuni nelle città. Che maraviglia adunque se gli animali, che per legge di loro natura nessun bene che si acquista per ragione possono ottener dalla provvidenza, sono privi fra tante altre cose anche del desiderio del maschio? Non amano i leoni; e neppure filosofeggiano; non amano gli orsi; e neppure conoscono la bellezza dell’amicizia. Non voler dunque, o Caricle, raccogliendo lascivi racconti da cortigiane, con nude parole insultare alla gravità nostra,
      nè confondere l’Amore celeste col fanciullo ritroso. E sappi, sebbene a cotesta età l’impari tardi, ma è meglio tardi che mai, chè due sono gli Amori, e non ci vengono per la stessa via, nè d’un medesimo spirito accendono i nostri petti: ma l’uno è un fanciullo bizzarro e capriccioso, cui ragione non può guidar per le falde nè farlo stare a segno, che alberga negli animi degli sciocchi: esso specialmente adizza il desiderio della donna; ed esso ancora è il compagno di quell’ingiuria passeggiera, spingendo con impeto inconsiderato a ciò che si appetisce.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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