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      Licino. E udisti anche la favola che narrano i cittadini intorno a lei, come uno s'innamorò della statua, e nascosamente rimastosi nel tempio, si congiunse, come potè, con quella statua. Ma di ciò ti conterò un'altra volta: tu, giacchè dici di aver veduta questa, rispondimi un'altra cosa. E quella degli Orti in Atene, la Venere d'Alcamene, la vedesti mai?
      Polistrato. Oh, sarei il più trascurato del mondo, se non avessi vista la più bella statua di Alcamene.
      Licino. Non ti dimanderò, o Polistrato, se tu montando spesso su la cittadella, rimirasti la Sosandra di Calamide.
      Polistrato. Anche questa ho mirata spesse volte.
      Licino. E queste bastano. Ma e delle opere di Fidia quale più ti piacque?
      Polistrato. Quale? la Lennia;(95) vi scrisse anche il suo nome Fidia; e l'Amazzone appoggiata all'asta.
      Licino. Le più belle, o amico mio. Sicchè non c'è bisogno di altri artefici. Or io ti mostrerò, come posso, un'immagine composta di tutte queste, e che abbia il meglio di ciascuna.
      Polistrato. Ed in qual modo può farsi cotesto?
      Licino. Non è difficile, o Polistrato, se ora mettiam quelle immagini in mano all'Eloquenza, e le diam facoltà di ornare in altro modo, e comporre, e armonizzare il più acconciamente che può, serbando unità insieme e varietà.
      Polistrato. Bene: se le pigli, e faccia ella. Voglio vedere come ne userà, e come di tante componendo una sola, non la farà sconcia.
      Licino. Or vedi come ella fa l'immagine, così componendola. Da quella di Cnido piglia il solo capo; chè il resto del corpo, che è nudo, non bisogna: la chioma, la fronte, e le ben delineate sopracciglia diamogliele come le fece Prassitele; negli occhi mettile quella languidezza, quel riso, quella grazia che Prassitele mise in quelli; le gote e tutto il dinanzi del viso le dia Alcamene da quella degli Orti; ed anche la sveltezza delle mani, la proporzion delle palme, e la mollezza delle dita sottili in punta da quella degli Orti.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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