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      Fin dalla fanciullezza egli era amico di Dinia, figliuolo di Lisione, di Efeso. Dinia era oltremodo ricchissimo, e, come è uso degli arricchiti di fresco, si aveva intorno molti compagnoni pronti a bere e sollazzarsi con lui, ma che non gli erano amici affatto. Per alcun tempo anche Agatocle era della brigata, interveniva al bere ed ai sollazzi, ma di assai mala voglia; e Dinia non lo teneva da più di quei lusinghieri: ma dipoi cominciò a non poterlo patire, perchè quegli lo sermoneggiava, gli ricordava i suoi maggiori, lo ammoniva di conservare ciò che suo padre con tante fatiche aveva acquistato per lui, e lasciatogli: onde ei ristucco non lo invitò più agli spassi, anzi si spassava con gli altri studiandosi di non farne saper nulla ad Agatocle. Ora avvenne che quello sciagurato fu persuaso dagli adulatori che s’era innamorata di lui una Cariclea, moglie di Demonatte, uomo ragguardevole e dei primi magistrati di Efeso. Cominciò un andare e venire di letterine amorose da parte della donna, e corone di fiori mezzo appassiti, e poma assannate, ed altre ruffianerie, onde queste scaltre accalappiano i giovani, e gl’innamorano a poco a poco, e gl’infiammano dando loro a credere che non hanno mai amato nessun altro. Non c’è cosa che più tira specialmente quei vani che si tengono belli; che infine senza accorgersene si trovano impaniati. Cariclea era una donnetta leggiadra, ma una cortigiana finita; e chiunque la voleva, e per qualunque prezzo, e se pur la sguardava per via, ella subito accennava; non v’era paura che dicesse mai no Cariclea.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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