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      Il dimani entra dopo molte preghiere; s’aggira molto tempo, ricercando Antifilo che era sfigurato dai patimenti, e va rimirando e squadrando ciascun prigioniero, come fanno quelli che alquanti giorni dopo una battaglia cercano i loro morti. E se non l’avesse chiamato per nome: Antifilo di Dinomeno, dove sei? non l’avria mai riconosciuto: tanto era mutato per i dolori. Riconoscendo la voce, rispose con un grido, e mentre quegli s’avvicinava, egli spartendosi e ritraendosi dalla faccia i capelli lordi ed ingrommati, si scoprì chi era: e subito ambedue caddero svenuti a quella vista inaspettata. Dopo un pezzo Demetrio, richiamati gli spiriti a sè e ad Antifilo, e dimandatagli com’era andata per punto ogni cosa, lo esortò a confidare: poi divise in due il suo mantello, d’una metà se ne ricoprì egli, l’altra la diede a lui, strappatigli quei sozzi cenci che aveva indosso. Da allora in poi con ogni suo potere lo assisteva, lo confortava, lo ristorava. S’acconciò con certi mercatanti sul porto, lavorava dal mattino sino al mezzodì, ed aveva una buona paga: dopo il lavoro veniva, dava una buona mancia al custode acciò avesse un poco più di carità ad Antifilo, e col resto sostentava l’amico suo e sè stesso. E così stavasi il resto del giorno vicino ad Antifilo e lo consolava: la notte poiavendosi fatto un po’ di letticciuolo di paglia presso alla porta del carcere, quivi si riposava. Così passarono alquanto tempo, Demetrio entrando senza impedimento, ed Antifilo sopportando con pazienza la sua sventura.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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