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      Io sono Alano, e parente a questa donzella per parte di madre, perchè Mastira sposata da Leucanore era della nostra famiglia: ed ora a te m’inviano i fratelli di Mastira, che sono in Alania, e ti mandano a dire di correre subito al Bosforo, acciocchè il regno non venga a mano del bastardo Eubioto, fratello di Leucanore, che fu sempre amico agli Sciti, e nimicissimo agli Alani. — Così disse Macenta, vestito e parlante come gli Alani, i quali in questo sono simili agli Sciti: se non che gli Alan
      i non portano i capelli tanto lunghi quanto gli Sciti; e Macenta aveva raccorciati i suoi convenevolmente per meglio parere Alano: onde fu creduto essere parente di Mastira e di Mazea. Ed ora, ei seguitò, io son pronto, o Adimarco, a venir teco al Bosforo, se vuoi; o rimanere, se bisogna, per accompagnare la giovane. — Vorrei piuttosto questo, rispose Adimarco, che tu essendo del sangue suo accompagnassi Mazea. Se vieni meco al Bosforo, sarai un cavaliere di più; se mi conduci la donna, tu mi varrai per molti. — E così fu fatto. Adimarco partì, affidando a Macenta di accompagnar Mazea, che era ancor vergine. E questi il giorno accompagnolla sul carro, ma come fu notte la pose sul suo cavallo, tenutogli da un altro cavaliere che lo aveva seguito, e montato in groppa anch’egli, spronò non più per la Meotide, ma voltata la briglia e cacciatosi pei campi, prendendo a destra le montagne dei Mitrei, e fermandosi solamente per dare un po’ di riposo alla giovane, il terzo dì giunse tra gli Sciti.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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