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      Il cavallo poi che cessò dalla corsa, stette un poco e gli crepò. Macenta consegnando Mazea ad Arsacoma: Eccoti, gli disse, anche la promessa mia. Ed egli a quella vista inaspettata era tutto commosso, e lo ringraziava. Cessa, disse Macenta, di credermi diverso da te stesso. Ringraziarmi di questo che ho fatto è come se la mano sinistra ringraziasse la destra che la medica di una ferita e la cura amorevolmente. Così faremmo una cosa ridicola anche noi, che già da molto tempo siamo un solo uomo, a credere che sia servigio grande se un membro di noi fa un bene a tutto il corpo, perchè fa bene a sè stesso il membro che fa bene a tutto il corpo. Così rispose Macenta ai ringraziamenti di Arsacoma. Intanto Adimarco, come s’accorse di aver dato nel laccio, non andò più al Bosforo (dove già Eubioto era stato gridato re, chiamato dal paese dei Sarmati dove viveva), ma tornato nel suo paese, e raccolto un grande esercito, per la via de’ monti entrò nella Scizia; ed indi a poco anche Eubioto ne assalì, menando seco sessantamila tra Greci, Alani e Sarmati: e riuniti i due eserciti di Adimarco e di Eubioto furono in tutto novantamila, de’ quali un terzo di arcieri a cavallo. — Noi (anch’io ebbi parte in quella spedizione, e aveva offerti sul cuoio cento cavalieri a mie spese) con poco meno di trentamila, compresivi i cavalieri, sostenemmo questa gran piena. Arsacoma n’era capitano. Poichè li vedemmo avvicinare, andammo a scontrarli, mandando innanzi i cavalli. Durando lungamente ostinata la battaglia, già i nostri piegano, la falange rompesi, e tutta l’oste scita è sfondata e divisa in due parti, delle quali l’una indietreggia non veramente sconfìtta ma come ritirantesi, e però gli Alani non ardirono d’investirla; l’altra più debole fu presa in mezzo dagli Alani e dai Maclui, che da ogni parte la tagliavano a pezzi, lanciando un nugolo di dardi e di giavellotti, onde era tutta sgominata, e già molti gettavano le armi.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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