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      Letta la lettera, egli disse: Oh, il mio carissimo Decriano, quel fior dei Greci, fa bene a mandare in confidenza da me gli amici suoi. Tu vedi la mia casetta, o Lucio, la è piccola sì, ma può alloggiare un’altra persona, e tu la farai una casa grande, se ti ci adatterai alla meglio. E voltosi alla fante: O Palestra, dà’ una stanza a questo amico; piglia e riponi il bagaglio, se ne ha; poi conducilo al bagno, chè egli ha fatto non poca via. Detto questo, la fanticella Palestra mi mena in una bellissima stanzetta, e dice: Tu ti corcherai su questo letto: pel tuo servo poi preparerò qui uno stramazzo, e vi porrò anche un cuscino. Dopo tali parole andammo a lavarci, ed io diedi a lei il prezzo dell’orzo pel cavallo: ella portò ogni cosa dentro, e rassettò. Noi dopo il bagno tornammo alla cameretta, e poi subito dove era Ipparco il quale, presomi per mano, mi fece adagiare accanto a lui. La cena non fu scarsa: il vino era dolce e vecchio. Dopo cena si continuò a bere e chiacchierare, come si fa a tavola con forestieri, e così fino a tardi, e finalmente ce ne andammo a coricare.
      L’altro giorno Ipparco mi dimandò che viaggio farei, e se rimarrei lì per molti giorni.(112) Io vo a Larissa, risposi, ma conto di rimaner qui un tre giorni o cinque. Dissi così per un dire, ma io avevo una gran voglia di rimanerci per trovar qualche donna che sapesse fare incantesimi, e per vedere qualche maraviglia, come un uomo volare o divenir pietra. Essendomi fitto in questo pensiero, andavo ronzando per la città, e benchè non sapessi come venirne a capo, pure andavo qua e là ronzando.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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