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      Quando finalmente tornò Ipparco, ci lavammo, e poi a cena: i bicchieri spesseggiano nel discorso; ond’io fingendo d’aver sonno, mi levo e vo nella cameretta assegnatami. Quivi tutto era bene apparecchiato: lo strapuntino pel servo fuori. Vicino al letto era un desco con tazze: v’era ancora del vino, e preparata acqua fresca e calda. Questo era tutto apparecchio di Palestra. Sul copertoio erano sparse molte rose, quali intere, quali sfogliate, quali intrecciate in corone. Io trovata quest’altra mensa imbandita aspettavo il commensale. Ed ella poi che corcò la padrona, puntualmente se ne venne da me. E fu il nostro banchetto di vino e di baci che ci demmo scambievolmente. E poi che col bere ci fummo ben preparati per la notte, Palestra mi disse: Senti, giovanotto: ricordati bene che hai scontrata una Palestra, però devi mostrare se tu sei un palestrita vigoroso, e se hai imparato molte specie di lotte. — Lo vedrai alle pruove, risposi: spògliati ora, e lottiamo. La pruova, diss’ella, la voglio così: io, a guisa di maestro di scherma, chiamerò le lotte che mi verranno in capo, e tu subito ubbidisci ed eseguile a puntino. — Comanda, risposi, e vedrai destrezza, sveltezza, e gagliardia di lotte. — Ella spogliatasi la veste, e standomi innanzi tutta nuda, cominciò a comandare: Giovanotto, spogliati, ungiti di questo unguento, e abbranca l’avversario. Piglialo alle anche, e gettalo supino; caccialo sotto, entragli fra le cosce, levagli e tienigli le gambe in su, e tu piegati, stringiti, attaccati a lui; appunta il piuolo, batti e ribattilo tutto, finchè ti bastan le forze e i lombi: poi cavalo fuori, fallo guizzare un po’, e rificcalo nel muro, e picchia.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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