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      Quando vedi lassezza, e tu monta, avvinghia i fianchi, stringi, e bada di non affrettarti, ma tieni un po’ finchè ti riscontri al cozzo. Or basta. — Poichè feci tutto a verso, e finimmo quelle lotte, io dico a Palestra sorridendo: Vedi, o maestro, con che destrezza e obbedienza ho lottato, ma tu ne chiami troppe a una volta, e l’una non aspetta l’altra. — Ed ella dandomi una guanciata, dice: Che scolare ciancione m’ho trovato! Attento, ve’, chè avrai altre busse, se non taci, e non fai come dico io. — E così dicendo, si leva, e ripulitasi, soggiunge: Ora mostrerai se sei un giovane e robusto lottatore, se sai lottare e fare in ginocchio. — E inginocchiatasi sul letto: Su via, o lottatore, piglia l’avversario alla vita; e vibrando l’aguto, ficcalo e affondalo bene; vedi che egli ti sta nudo innanzi, cogli questo vantaggio. Prima, come è uso, annodalo con le braccia: poi ripiegalo, inchioda, e batti senza allentare. Se ei si stanca, e tu subito rilevandolo ripiegati su di te, e batti di sotto, e bada di non ischiodare se non sei comandato: ripiegalo un’altra volta, e rilevalo; all’ultimo la botta maestra, dagli lo sgambetto. Lascialo; è caduto, è tutto sudore il tuo avversario. — Io ridendo saporitamente: Voglio anch’io, dissi, o maestro, comandare un po’, e chiamar la lotta. Attenzione: levati, e corcati: mani giù: forbisciti, abbracciami, per Ercole, e dormi.
      In queste piacevoli e scherzevoli lotte notturne ci portammo da bravi tutti e due; ed io ci ebbi tanto diletto che mi scordai interamente del viaggio per Larissa.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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