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      Ma anche quando volevo bere, io movendo gli occhi ne chiedevo il coppiere. Quei ne meravigliavano come d’un miracolo, non sapendo che nell’asino stava l’uomo; e questo loro non sapere cagionava il mio godere. Imparai ancora a portare il padrone sul dorso, ad andare di ambio, e di un bel trotto comodissimo a chi mi cavalcava. Le mie coverte erano di gran pregio, ero covertato di gualdrappa di porpora, imboccavo un freno ornato d’argento e d’oro, e portavo legate al collo campanelle armoniosissime.
      Menecle il nostro padrone, come ho detto, da Tessalonica era venuto là per questa cagione.(115) Egli aveva promesso uno spettacolo di gladiatori alla sua patria, e questi erano già pronti, e venne la partenza. C’incamminammo dunque di buon mattino, ed io portava il padrone dove c’era di mali passi, ed era difficile andarvi le carrozze. Come scendemmo a Tessalonica non ci fu uno che non corse a vedermi, essendosi da molto tempo sparsa la fama che io sapevo far tante cose, e ballava, e lottava come un uomo. Il padrone ai principali cittadini mi mostrò in un convito; e rallegrò la cena con quei mirabili giuochi che io faceva.
      Ma il mio maestro aveva trovato per mezzo mio un’entrata di molte dramme: chè chiusomi dentro mi teneva custodito: e quei che volevano vedere le mirabili opere mie pagavano, ed egli apriva la porta. E chi mi portava una cosa da mangiare, e chi un’altra, specialmente di quelle che paiono nemiche allo stomaco dell’asino: ed io mangiava. Sicchè in pochi giorni pranza col padrone, pranza coi curiosi, divenni grosso e grasso.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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