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      Finalmente venuto il giorno in cui il padrone dava lo spettacolo, stabilirono d’introdurmi nel teatro: e v’entrai così. V’era un gran letto, fatto di una testuggine indiana; sovra esso mi corcano, e a lato a me la donna. E così, messici sovra una macchina, ci trasportano nel teatro, e ci pongono in mezzo; mentre gli spettatori levano alte grida, e mi battono le mani. V’era preparata una mensa imbandita di tutte le delicature e squisitezze: e intorno a noi stavano bei garzoni che ci mescevano vino in tazze d’oro. Il maestro che mi stava di dietro mi comandò di desinare: ma io avevo vergogna a giacere così in un teatro, ed aveva anche paura che qualche orso o leone non mi saltasse addosso. In questa trapassava uno che portava fiori, e tra gli altri fiori vedo foglie di rose fresche: e senza più io balzo dal letto e mi vi lancio. Credevano che io mi fossi levato per ballare; ma io annasando i fiori ad uno ad uno, scelgo le rose, e me le mangio. E mentre tutti stavano ancora ammirati per questo, mi cade l’aspetto di giumento, sparisce l’asino, e rimango nudo quel Lucio che ero dentro. A tale maraviglia, a tale spettacolo che nessuno s’aspettava, stupefatti gli spettatori orribilmente romoreggiarono: e c’erano due parti; chi diceva: È uno stregone, è un maliardo che muta aspetto, gettatelo nel fuoco, bruciatelo qui stesso. Ed altri: No, no, udiamo che dirà, e poi lo condanneremo. — Ed io correndo innanzi al governatore della provincia, che si trovava allo spettacolo, stando da giù gli dico, come una donna tessala, serva di una donna tessala, ungendomi con unguento incantato, mi aveva fatto asino; e lo prego che mi difenda e mi custodisca egli finchè io non lo persuada che così è stato il fatto, ed io non mentisco.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





Lucio