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      Se tu conoscessi a mezzo i pensieri ed i fastidii che essi hanno, rideresti di te stesso e del tuo credere che ricchezza fa contentezza.
      Micillo. Dunque o Pitagora.... ma dimmi tu come vuoi esser chiamato; chè io, chiamandoti sì e sì, non confonda il discorso.
      Il gallo. Non importa, o mi chiami Euforbo, o Pitagora, o Aspasia, o Crate, è tutt’uno: chè io son tutti questi; ma faresti meglio a chiamarmi gallo, qual mi vedi ora, affinchè non disprezzi un uccello che pare di poco valore, ed ha cotali e cotante anime in corpo.
      Micillo. Dunque, o gallo, giacchè tu hai provato quasi tutte le vite, e sai tutte le cose, dimmi tutti i segreti della vita dei ricchi, e della vita dei poveri, acciocchè io conosca se tu dici il vero, che io son più felice dei ricchi.
      Il gallo. Ecco qui, o Micillo, considera un po’. Alla guerra tu non hai a pensare; se si dice che i nemici scorrazzano pel contado, tu non temi che ti devastino il campo, ti distruggano il delizioso giardino, ti spiantino la vigna; ma al primo suono di tromba, ti guardi intorno dove rivolgerti se devi salvarti e fuggire il pericolo. Ma i ricchi ne tremano, e muoion d’angoscia vedendo dalle mura rapire e portar via lo robe loro nei campi. Se si deve contribuir danari, essi soli son chiamati: se uscire ad oste, i più gran pericoli sono i loro, che vanno innanzi e comandano fanti e cavalli; quando che tu con uno scudo di vimini, leggero e spigliato puoi salvarti, e sei pronto a goderti il banchetto della vittoria quando il capitano vincitore fa il sacrifizio.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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