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      Il gallo. Sia pure. Anderem prima da Simone, o da altro ricco?
      Micillo. No, da Simone, che fatto ricco, ha voluto arricchirsi anche il nome, e se l’ha fatto di quattro sillabe. Ma siamo innanzi la porta; che faremo ora!
      Il gallo. Ficca la penna nella toppa.
      Micillo. Ecco. O Ercole! la porta s’apre come per chiave.
      Il gallo. Va innanzi. Vedilo che veglia e fa conti.
      Micillo. Lo vedo, per Giove, presso una fioca ed asciutta lucerna. Come è pallido, come s’è tutto smagrito? i’ non so perchè, o gallo: pe’ pensieri certamente: chè non si diceva ch’ei fosse malato.
      Il gallo. Odilo parlare, e saprai questo perchè.
      Simone. Dunque quei sessanta talenti staranno più sicuri sepolti sotto il letto, e nessuno li ha veduti: ma quegli altri sedici credo che li ha veduti Sosilo lo staffiere, quand’io li nascosi nella stalla; chè ci va sempre roteando là attorno, e non si cura più de’ cavalli, nè gli piace la fatica. Forse vi avrà data qualche buona brancata; se no con che gli avria comperato Tibio quel bel salume ieri? m’han detto che ha donato alla moglie un paio d’orecchini di cinque dramme. Costoro mi mangiano tutto il mio, misero a me! E tanto vasellame che ho, non è sicuro: potriano forar le mura, e rubarmelo. Invidiosi ne ho assai, che mi vorrebbon tendere qualche trappola, specialmente il mio vicino Micillo.
      Micillo. Sì, son come te io, che mi porto le scodelle sotto l’ascella.
      Il gallo. Taci, o Micillo: non far discoprire che siamo qui.
      Simone. È meglio vegliare e guardarmi il mio. Vo’ fare un giro per tutta la casa.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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