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      Chi e là? t’ho veduto, o mariuolo.... Per Giove, è una colonna: va bene. Voglio ricavare e contare quell’oro, per vedere se ieri ho sbagliato.... Ecco un altro rumore: v’è qualcuno certamente, sono assediato e insidiato da tutti. Dove ho la spada? Se ne giungo uno.... Torniamo a sepellir l’oro.
      Il gallo. Ecco, o Micillo, che vita fa Simone. Andiam da un altro, chè poco ci rimane della notte.
      Micillo. Sciagurato! che vita è la sua! Sien tutti ricchi così i nemici miei. Gli voglio dare una ceffata, ed andarmene.
      Simone. Chi mi batte? I ladri, misero me! accorr’uomo!
      Micillo. Piangi, veglia, diventa proprio giallo come l’oro, smàgrati, spegniti sovra di esso. Va: andiamo, o gallo, a casa Guifone, che sta non lontano da qui. La porta s’è aperta da sè.
      Il gallo. Vedilo che veglia, sprofondato in pensieri, e nel calcolar gl’interessi su le scarne dita delle mani: ei tra poco dovrà lasciar ogni cosa, e diventar una tignuola, o una zanzara, o una mosca canina.
      Micillo. Vedo un misero ed insensato uomo, che non vive meglio d’una tignuola e d’una zanzara, intisichito per far tanti conti: andiam da un altro.
      Il gallo. Da Eucrate, se vuoi. Eccoti aperta la porta: entriamo.
      Micillo. Tutte queste ricchezze poco fa eran mie.
      Il gallo. Ed ancor sogni ricchezze? Rimira Eucrate sotto uno schiavo, così vecchio com’è?
      Micillo. Per Giove! io vedo una sozzura nefanda, una libidine bestiale. E in altra stanza ecco la moglie in adulterio col cuciniere.
      Il gallo. Ed ora vuoi esser l’erede di Eucrate, ed averne tutte le ricchezze?


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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