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      Accortomi che riuscivo, divenni più ardito, e montato su la cittadella mi diedi in giù, e venni fin sopra il teatro. Fatto questo volo senza pericolo, ne tentai altri più lontani e più alti: e spiccatomi dal Parneto o dall’Imetto andavo librato fino al Geranio; e di là sopra l’Acrocorinto; e poi sul Foloe, sull’Erimanto sino al Taigete.(131) L’esercizio mi crebbe l’ardire, e l’arte, e la forza di montare più su, e far altri voli che questi da pulcini: onde montato su l’Olimpo, leggiero quanto più potevo, con un po’ di provvisione, mi levai diritto al cielo. In prima l’altezza grande m’aggirava il capo, ma dipoi mi vi adusai facilmente. Avvicinandomi alla luna, e lasciate molto indietro le nuvole, mi sentivo stanco, massime nell’ala sinistra, quella dell’avoltoio: però arrivato in essa, e sedutomi, mi riposavo, guardando giù su la terra come il Giove di Omero, e gettando lo sguardo or su la Tracia altrice di cavalli, or su la Mesia; e poi a mio talento su la Grecia, su la Persia, su l’India: e quella gran vista mi empiva di diletto maraviglioso.
      Amico. Narrami ogni cosa, o Menippo, ogni cosa del tuo viaggio e quante maraviglie vi hai vedute, chè io desidero saperle. Già m’aspetto di udirne non poche; e che vista ti faceva la terra, e quello che è su di essa, a riguardarla di lassù.
      Menippo. Ben dicesti non poche: epperò, o amico, monta su la luna con la tua immaginativa, viaggia dietro le mie parole e riguarda con me tutte le cose come son disposte su la terra. E primamente parvemi molto piccola veder la terra, assai più piccola della luna; per modo che a un tratto volgendomi in giù, non sapevo più dove fossero questi monti e questo sì gran mare; e se non avessi scorto il colosso di Rodi e la torre del Faro, la mi saria interamente sfuggita.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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