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      La Luna non dorme mai, fa anch’essa il suo giro, e dà lume a quelli che dopo la cena e lo stravizzo si ritirano a notte avanzata. Apollo affoga nelle faccende dell’arte sua, e quasi ha le orecchie sorde per tanti che lo molestano dimandandogli oracoli. Ora dev’essere in Delfo, or subito corre in Colofone, di là salta a Xanto, indi ratto a Claro, poi in Delo, e tra i Branchidi, e dovunque insomma la sacerdotessa, bevuta l’acqua sacra e masticato il lauro, agitandosi sul tripode, gli comanda di comparire, ed ei deve correre a rompicollo, se no l’arte si scredita. Non parlo de’ trabocchetti che gli tendono per farlo trovare bugiardo, delle carni d’agnello e di testuggine lessate insieme; per modo che se egli non avesse avuto il naso fino, il Lidio(134) se ne sarebbe andato beffandosi di lui. Esculapio stordito dagli ammalati, vede sempre e tocca cose schife e spiacenti; e dai mali altrui egli cava il frutto di mille affanni per sè. Che dirò dei Venti che debbono far germogliare le piante, far camminare le navi, far vagliare le biade? del Sonno che vola su tutti gli uomini? del Sogno che la notte lo accompagna, e fa intraveder l’avvenire? Ecco come gli Dei s’affaticano per amore degli uomini, contribuendo ciascuno la parte sua per farli vivere bene su la terra. Ma le fatiche degli altri son niente verso le mie. Io che sono il re e il padre del mondo, quanti dispiaceri ho e quante faccende, dovendo pensare a tante e sì diverse cose! Primamente mi conviene badare agli altri iddii, che dividono meco le cure del regno, acciocchè facciano il loro dovere, e non se la scioperino: dipoi fare da me mille faccende, così minute, quasi impercettibili.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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