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      E quegli è tenuto vincitore che ha più gran voce e più ardire. Il popolo, e specialmente gli sfaccendati, si affollano maravigliati a tanta sfrontatezza e a tanto schiamazzare. Per me io li tengo per ciarlatani, e mi dispiace che mi somiglino alla barba. Se poi quegli schiamazzi facciano utile al popolo, se da quelle parole loro nasca qualche bene, i’ non te lo saprei dire. Ma se debbo contarti la verità e non nascondere nulla, siccome io abito su quest’alta vedetta, spesso ne ho veduti molti di loro sull’imbrunire....
      La Giustizia. Sta, o Pane: non odi Mercurio che fa la grida?
      Pane. Sì davvero.
      Mercurio. Udite, o popolo. Con la buona fortuna noi terremo un’adunanza per giudicare le cause oggi che è il settimo giorno di febbraio. Quelli che hanno prodotto un libello, vengano nell’Areopago, dove la Giustizia sortirà i giudici, e sarà presente alla discussione: i giudici saranno scelti tra tutti gli Ateniesi: la paga, tre oboli per ogni causa: il numero de’ giudici, secondo l’importanza dell’accusa. Quelli che pendente la querela data son morti, Eaco li rimanderà su. Chi si terrà mal giudicato, ne può fare appello a Giove.
      Pane. Caspita, che tumulto, e come gridano, o Giustizia! come s’affrettano, s’affollano, si trascinan l’un l’altro per l’erta dell’Areopago. Oh! riecco Mercurio. Attendete voi altri alle cause, sorteggiatele, decidetele come vi dicon le leggi: chè io per me me ne torno alla spelonca a sonare un’arietta amorosa con la quale voglio far impazzare Eco. Sono stucco di piati e di dicerie: ogni dì n’ode tanto nell’Areopago!


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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