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      Questo Polemone, che ella dice suo servo, non nacque tristo, nè per esser cosa dell’Ubriachezza, ma per essere amico mio, e con indole simile alla mia. Essendo egli ancor giovane e soro, costei aiutata dalla Voluttà sua compagna, lo allettò, lo accalappiò, lo corruppe, lo diede miseramente in mano alle cortigiane, gli scancellò dalla fronte ogni segno di pudore. Ella testè ve lo ha dipinto credendo di difendersi, e vedrete che ella s’è accusata. Sì, lo sciagurato giovane sin dal mattino inghirlandato ed ubbriaco percorreva le vie e le piazze, cantando a suono di flauto, facendo insolenze a tutti, ed era divenuto la vergogna della sua famiglia e della città, e la favola de’ forestieri. Quando venne da me, io stavo, usando di aver sempre le porte aperte, a ragionare con alcuni amici miei della virtù e della temperanza: egli entrò coi flauti e con le corone, e da prima si messe a gridare e schiamazzare tentando di turbare il nostro ragionamento: ma come noi non gli badavamo affatto, egli, che non era interamente ubbriaco, stette un po’, attese ai nostri discorsi, e tosto si strappò le ghirlande, fe’ tacere la zufolatrice, si vergognò della veste di porpora. Come risvegliato da profondo sonno, vide in quanta bassezza era caduto, riconobbe la sozza vita passata; gli sparì dal volto il rossore dell’ubbriachezza, e gli rimase quello della vergogna: ed infine con una bella e generosa fuga, se ne venne da me, senza che io lo chiamassi o lo sforzassi, come dice costei, ma da sè stesso, vedendo che questo era il suo meglio.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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