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      I discorsi di costui vi parranno similissimi ai miei: ma se riguarderete alle opere sue vedrete che egli mi ha fatto gran male, ed io debbo guardarmi da peggio. Ma lasciando il lungo proemieggiare, giacchè l’acqua scorre per me, incomincio l’accusa. Era questi, o giudici, ancor giovanetto, barbaro di lingua, e ravvolto in un gran robone secondo la foggia degli Assirii, quand’io trovatolo errante nella Jonia, ed incerto a qual partito appigliarsi, lo presi a ben volere ed ammaestrare; e poichè m’accorsi che aveva buona dispostezza ad imparare, e mi riguardava con occhi d’amore (mi faceva l’agnello allora, e mi carezzava, e per lui non c’era altra che io), io lasciai tutti gli altri amadori e ricchi, e belli, e di splendido casato che cercavano le mie nozze, e mi sposai a questo ingrato, a questo povero ed oscuro e giovane, portandogli non piccola dote di molti e mirabili discorsi. Poscia menatolo tra quelli della mia tribù, lo feci registrare e dichiarar cittadino: onde que’ miei amadori ne scoppiavano del dispetto. Venutagli vaghezza di viaggiare per mostrare la fortuna che aveva acquistata con le mie nozze, io non lo lasciai, ma lo accompagnai da per tutto, e menandolo di qua e di là lo rendetti chiaro e celebrato, lo adornai, e lo protessi. Questo feci per lui nella Grecia e nella Jonia: e volendo egli andare in Italia, io tragittai seco il Jonio, lo accompagnai sin nella Gallia, lo feci arricchire. Per molto tempo egli mi obbediva in tutto, non si partiva mai da me, non mi lasciò sola neppure una notte.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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