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      Ma come egli si ebbe procacciato da vivere agiatamente, e bastante gloria, levò alto le ciglia, ed entrato nel superbo mi disprezzò, anzi mi abbandonò del tutto: e messosi ad amoreggiare con quel barbato che si chiama Dialogo, e che per le vesti che porta è detto figliuolo della filosofia, stassene con quel vecchio che ha assai più anni di lui. E bruttamente tagliandomi il largo e franco andare de’ miei discorsi, non si vergogna egli di chiudersi in brevi e frequenti interrogazioni; ed invece di spiegare i suoi concetti in diceria piena e seguita, ei la va rompendo con certe sue parolette e sillabe; per le quali non incontra più le grandi lodi ed i frequenti applausi, ma un leggiero sorriso dagli uditori, un raro batter di mano, un picciol movimento di testa in segno di approvazione a ciò che ei dice. Ecco di che si è innamorato costui, e per chi mi disprezza. Dicono che neppure col novello amante sia in pace, e forse gliene avrà fatta anche una brutta. E non è ingrato adunque, non è reo di malvagità innanzi alle leggi costui, che abbandona indegnamente la moglie sua legittima, dalla quale ha ricevuti tanti benefizi, per la quale è venuto in fama, ed impazzisce d’uno strano affetto; specialmente ora che tutti vengono intorno a me sola, e mi ammirano, e mi chiamano loro signora e donna? Io non do retta a tanti che mi vogliono, mi battono la porta, mi chiamano per nome a gran voci, e non apro, e fo sembiante di non udirli; perchè essi non mi portano altro che clamori. E intanto costui non si rivolge a me, ma sta con gli occhi fissi in quel suo vecchio; il quale, per gli Dei! che può dargli di buono, se non ha altro che un mantello?


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





Dialogo