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      Ho detto, o giudici. Voi, se egli vuol difendersi usando la maniera de’ miei discorsi, nol permettete, chè saria ingiustizia permettergli di vibrar contro me l’arme mia; ma secondo la maniera del Dialogo suo amico si difenda egli, se può.
      Mercurio. La dimanda è strana, o Rettorica. È impossibile che uno solo parli in dialogo. Farà anch’egli la diceria distesa.
      Il Siro. Poichè, o giudici, la mia avversaria ha per male se io adopero il lungo discorso, e quella facoltà di parlare che io ho appresa da lei, io non vi dirò molte cose; ma mi purgherò dai principali capi dell’accusa, e lascerò il resto alla vostra prudenza. Tutto quello che ha detto di me, tutto è vero; ella mi ammaestrò, mi accompagnò, mi annoverò fra i Greci, mi disposò, ed io gliene saprò grado sempre. Ma per quali cagioni io la lasciai, e mi volsi a questo Dialogo, udite, o giudici; e siate certi che per tutto l’oro del mondo io non direi una bugia. Vedendo io che costei non era più modesta, nè serbava quell’ornato contegno onde era bella quando la disposò l’orator Peaneo;(142) ma si acconciava i capelli con l’arte delle cortigiane, s’imbellettava e si dipingeva gli occhi, io ne sospettai e stetti a vedere con chi s’adocchiava. Non vo’ dire tutto: ma ogni notte il chiassuolo che ci era innanzi la casa riempivasi di giovanastri ubbriachi che venivano a bertoneggiare con lei, e cantavano, e picchiavano la porta, sforzandola con grande ardire e senza una discrezione. Ella rideva di tutto questo, e se ne compiaceva; e spesso dall’alto del tetto faceva capolino per udire le loro canzonacce amorose, o aprendo un pocolino la porta, credendo ch’io non me ne accorgessi, la sfacciata mescolavasi co’ suoi adulteri.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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