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      Il parassito va al convito volentieri, e appassionato dell’arte sua: e quelli che imparano un’altr’arte l’abborriscono, e taluni svogliati se la svignano. E poi, non ti ricordi che ai fanciulli che si portano bene i padri e le madri danno loro appunto quel premio che si dà ogni giorno al parassito? Bravo! dicono: il fanciullo ha scritto bene; dategli mangiare: ha scritto male; non gliene date. E questo pare un gran premio; ed un gran castigo. Nelle altre arti il dolce viene all’ultimo, dopo averle imparate si ha qualche frutto piacevole; chè la via loro è lunga e scabrosa: il parassito solo gode dell’arte sua mentre l’impara, e mentre comincia è al suo fine. Inoltre non alcune ma tuttequante le arti sono soltanto mezzi per procacciarsi il vitto; e il parassito ha subito il vitto dall’arte come la comincia. Infatti vedi che il lavoratore lavora non pel fine di lavorare, il fabbricatore fabbrica non pel fine di fabbricare: ma il parassito non si briga di altro, e quel che ei fa è mezzo e fine. Non v’è chi non sappia che tutti gli artigiani si affannano a lavorare ogni dì, ed hanno una o due sole feste al mese; e le città festeggiano alcuni giorni dell’anno e di certi mesi, e allora essi si ricreano: il parassito fa trenta feste il mese, e tutti i giorni per lui sono sacri agli Dei. Di più quelli che vogliono riuscire in un’arte usano poco mangiare e poco bere, come gli ammalati; chè il gran mangiare ed il gran bere non non fa imparare. Le altre arti senza istrumenti non possono esercitarsi da chi le possiede, chè non si può essere flautista senza flauti, nè citarista senza cetera, nè cavaliere senza cavallo; questa è così comoda ed agevole che l’artista può usarla senza istrumento alcuno.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448