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      E morendo disse parole non come quelle del valentissimo Ettore, che cadendo alle ginocchia di Achille, lo pregò rendesse il corpo ai suoi, ma quali deve dirle un parassito.
      Tichiade. E quali sono?
      Parassito.
      De’ pari tuoi,
      Se ancora venti mi veniano a fronteTutti qui sarian morti, dalla mia
      Lancia abbattuti.
      Tichiade. Bene questo. Ma fa di dirmi come Patroclo non era amico, ma parassito di Achille.
      Parassito. Ti farò dire, o Tichiade, dallo stesso Patroclo che egli era parassito.
      Tichiade. Sarà un gran che.
      Parassito. Eccone le proprie parole:
      Non voler le mie ossa dalle tueDisgiunte, o Achille mio, ma stieno insieme,
      Siccome un tempo nelle vostre caseInsiem ci nutrivamo.
      e più appresso:
      M’accogliea Peleo,
      Mi nutria con affetto, e tuo donzelloMi chiamò,
      cioè parassito. Se avesse voluto chiamar Patroclo amico, non l’avria nominato donzello, perchè Patroclo era libero. Chi dunque sono i donzelli, se non sono nè servi nè amici? Sono certamente i parassiti. Per la stessa ragione Omero chiama Merione donzello d’Idomeneo, chè così, credo, si chiamavano allora i parassiti. E qui osserva che egli dice pari a Marte, non Idomeneo, tutto che figliuolo di Giove, ma Merione suo parassito. E poi Aristogitone, popolano e povero, come dice Tucidide,(8) non era parassito di Armodio? anzi non ne era anche amadore? Chè ragionevolmente i parassiti sono anche amadori di chi li nutrisce. Questo parassito adunque dipoi liberò Atene dalla tirannide, ed ora sta scolpito in bronzo su la piazza col suo amato. Omaccioni e prodi di questa fatta erano parassiti!


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





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