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      Il parassito cura tanto il danaro, quanto altri cura i ciottoli del lido, e non gli pare diverso l’oro dal fuoco: i retori, e, quel che č peggio, i filosofi ne sono cosė miseramente spasimati, che oggi tra i pių reputati filosofi (che si ha a dire dei retori?), chi giudicando come giudice una causa di subornazione si lascia anch’egli subornare: chi riscuote mercede dagli scolari vendendo chiacchiere: chi si mette a servigio dell’imperatore, e chiede anche mercede, senza vergognarsi, cosė vecchio com’č, di fare un viaggio a posta per questo, ed č salariato come uno schiavo indiano o scita, e non arrossisce che sia salario ciō che egli riceve.(9) E in loro trovi non pure questa passione, ma altre ancora, e rancori, e sdegni, e invidie, ed ogni specie di cupidigie. Il parassito č scarico di tutto questo: non si sdegna per la sua longanimitā, e non avria di che sdegnarsi: e se monta in bizza talora, il suo sdegno non fa nč male nč malinconia, ma piuttosto fa ridere e rallegrar la brigata. Ei si affligge meno di tutti, e l’arte sua gli concede un tanto bene di non avere di che affliggersi: chč ei non ha poderi, non casa, non servo, non moglie, non figliuoli, della cui perdita č forza che si affligga chi li ha: ed ei non desidera nč gloria nč ricchezza, nč bellezza alcuna.
      Tichiade. Ma, o Simone, per mancanza di nutrimento ei potrebbe affliggersi.
      Parassito. Tu ignori, o Tichiade, che per principio non č parassito chi manca di nutrimento: cosė un forte che manca di fortezza non č forte; un prudente che manca di prudenza non č prudente; altrimente non saria parassito.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





Simone Tichiade