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      E noi consideriamo chi è parassito, non chi non è. La fortezza fa il forte, la prudenza il prudente, e la pappa il pappatore, cioè il parassito. Se gli manca questa, parlerem d’altro, e non del parassito.
      Tichiade. Dunque il parassito non avrà mai bisogno di cibo?
      Parassito. Mi pare. Sicchè nè per questo nè per altro ha di che affliggersi, nè temere. Inoltre tutti quanti filosofi e retori hanno una gran paura in corpo, e la maggior parte di essi vanno col bastone, del quale non anderebbero armati se non avesser paura; e la notte serrano la porta a chiave e chiavistello per paura di non essere assaliti. Ma egli appena vi mette il saliscendi, perchè il vento non l’apra: se si fa qualche rumore ei se ne sconcia, come se non l’udisse: nei luoghi disabitati va senza spada, e non ha mai paura: ed io spesso ho veduto filosofi, mentre il mondo è tranquillo, andare con arco e frecce, e portar il bastone anche quando vanno al bagno e al desinare. Nè alcuno può accusare il parassito di adulterio, di violenza, di rapina, o di altra colpa qualunque; perchè chi commettesse questo, non saria più parassito, ma colpevole. Onde se è colto in adulterio, non si chiama più parassito ma adultero: e come il buono che diventa cattivo, lascia il nome di dabbene uomo e piglia quello di malvagio, così il parassito se ha colpa, lascia il nome che ha, e piglia quello della colpa. Ma tali colpe da retori e da filosofi continuamente non pure le vediamo commettere ai tempi nostri, ma anche nei libri ce n’è rimasta memoria.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448