Pagina (39/448)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Credo che eran le feste di Bacco allora. Quei della commedia meno alti degli altri, camminavano più a modo d’uomini, e gridavano meno, ma avevano una barbuta molto più ridicola, e facevano ridere tutto il teatro. Ma quando s’udivano quei lunghi lunghi, tutti s’atteggiavano a tristezza, e forse, credo io, li compativano, vedendoli trascinare quelle grandi pastoie.
      Solone. Oh no, caro mio, non compativano a quelli: ma forse il poeta rappresentava agli spettatori qualche antica storia di sventure in versi tragici e pietosi, i quali traevan le lagrime dagli ascoltatori. Forse avrai veduto allora anche alcuni che sonavano i flauti, ed altri che cantavano disposti a cerchio. Neppure quei canti e quei suoni ci sono inutili, o Anacarsi. Con tutti questi modi e con altrettali si accendono gli animi de’ giovani, e si rendono migliori. Ma eccomi a quello che tu più desideravi di udire, come noi esercitiamo i corpi. Li spogliamo, come t’ho detto, quando non sono più teneri e delicati, per avvezzarli all’aria e ad ogni varietà di stagione, affinchè il caldo non li abbiosci, il freddo non li intirizzisca: poi li ungiamo d’olio e li ammorbidiamo per renderli più validi. Se le cuoia ammorbidite dall’olio più difficilmente si rompono e più durano, e son carne morta; quanto più il corpo vivo non sarà invigorito dall’olio? Poi abbiamo escogitati diversi esercizi, e stabiliti i maestri di ciascuno, i quali insegnano a chi il pugilato, a chi il pancrazio, affinchè i giovani s’indurino alle fatiche, e affrontino i colpi, senza rivolgersi per timor di ferite.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





Bacco Anacarsi