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      Ma che dico io? Quanti mai su le tombe sgozzano cavalli, e concubine, e coppieri; e bruciano vesti ed ornamenti, o le sotterrano, come se i morti ne avesser bisogno e ne usassero laggiù? Ma il vecchio che disse quelle ed altre parole dolorose, non fa tale scena per amor del figliuolo, perchè sa che quei non l’ode quand’anche ei lo chiami con voce di Stentore: nè la fa per sè stesso, perchè poteva pensare e sentire così e non gridare, chè nessuno per sè ha bisogno di gridare. Egli dunque fa quello sciocco tribolo per i circostanti: e non ha saputo mai che era ciò che è intervenuto al figliuolo, e dove egli è andato, anzi non ha mai considerato che cosa era la vita che quei viveva, se no la sua dipartita non gli dorrebbe come un gran male.
      Oh! se il figliuolo ottenesse da Eaco e da Plutone di poter fare un po’ di capolino dalla buca sotterranea per metter fine agli sciocchi lamenti del padre, gli diria: Perchè schiamazzi, o sciagurato? e perchè m’annoi? Smetti di strapparti i capelli, di sgraffiarti la faccia: e non insultarmi chiamandomi sfortunato e nato sotto cattiva stella, chè io sto molto meglio di te, e sono più beato. Forse ti sembro io sfortunato che non mi son fatto vecchio, come se’ tu, tutto calvo, rugoso, curvo, balenante su le ginocchia, col corpo disfatto dal tempo, e che dopo aver valicato tanti anni e tante olimpiadi, giungi a fare queste pazzie innanzi tanta gente! O sciocco, e quali piaceri credi che sien nella vita, e che io non ho più? forse i vini, i banchetti, le vestimenta, gli amori? e temi che io ne sia privo e dolente?


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





Stentore Eaco Plutone