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      Quanto sia l’affetto che i veri cittadini hanno per la patria loro, si vede negl’indigeni: chè gli avveniticci, come bastardi, facilmente mutano stanza, senza conoscere nome di patria e senza amarla, stimando che in ogni luogo avranno da vivere, ponendo la misura della felicità nei piaceri del ventre. Ma quelli cui la patria è madre, amano la terra in cui sono nati e cresciuti, benchè piccola, benchè aspra, e povera ella sia; e se non possono lodare la virtù della terra, per la patria loro sanno trovare altre lodi. E se vedono che altri vanta la sua lieta di larghi pascoli, e di campi sparsi d’alberi d’ogni maniera, essi non mancano di lodare la patria loro; dispregiano quella che è nutrice di cavalli, ed esaltano la loro che è nutrice di garzoni. È tirato ognuno alla patria sua, ancorchè sia un isolano, ancorchè possa vivere felice altrove, e rifiuta l’immortalità che gli è offerta, e preferisce il sepolcro nella patria sua; e il fumo della patria sua gli pare più lucente che il fuoco tra gli stranieri. Tanto cara sopra tutte le cose sembra la patria, che tutti i legislatori del mondo ai più grandi misfatti danno come la più gran pena l’esilio. Nè diversamente dai legislatori pensano i capitani degli eserciti, e nelle battaglie la maggior cosa che dicono per incuorare le schiere, è che combattono per la patria: e nessuno v’è che a udir questa, voglia esser codardo; chè anche i paurosi rende animosi il nome della patria.
     
     
     
      LXIII.
      DEI DIPSI.
     
      La parte meridionale della Libia è un’arena profonda, ed una terra bruciata, deserta in gran parte, interamente sterile, pianura tutta, senza filo d’erba, senza piante, senz’acqua; chè se dopo le piogge ne rimane qualche poco nei fossi impantanata, è così grossa e fetente, che un uomo neppure assetato la beverebbe.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





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