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      Questo fece allora. E indi a poco Fania tutto che dissuaso dai compagni e carezzato tanto da Febida l’amica sua, a me tornò tirato da quell’incantesimo. E m’insegnò ancora un altro gran segreto contro Febida, per fargliela odiare: osservar le pedate che ella lascia, e cogli occhi chiusi metter la pedata mia destra su la sua sinistra, e la mia sinistra su la sua destra, dicendo così: Tu sotto mi stai, io sopra ti sto. Ed io così feci appunto.
      Melissa. Presto, presto, o Bacchide; chiamami la Sira. E tu, o Acide, prepara il pane, lo zolfo, e ogni altra cosa per l’incantesimo.
     
     
     
      5.
      Clonetta e Lena.
     
      Clonetta. Odo una novità sul conto tuo, o Lena, che Megilla, quella ricca di Lesbo, è innamorata di te come un uomo, e che state insieme, e non so che fate tra voi. Che è? ti se’ fatta rossa? Dimmi, è vero questo?
      Lena. È vero, o Clonetta; ma mi vergogno, che è una cosa sconcia.
      Clonetta. Per Cerere, che faccenda è cotesta, e che vuole quella donna? Che fate quando siete insieme? Vedi? Non mi vuoi bene; se no, me lo diresti.
      Lena. Ti voglio bene tanto! Quella donna è fieramente mascolina.
      Clonetta. Non intendo bene che vuoi dire: forse è una tribade? Chè in Lesbo, dicesi, vi sono queste donne che non vogliono l’uomo, ma si accozzano con le donne a guisa d’uomini.
      Lena. Una cosa simile.
      Clonetta. Dunque, o Lena, contami tutto, come prima ti tentò, come ti persuase, e in seguito ogni cosa.
      Lena. Avendo apparecchiata una gozzoviglia ella e Demonassa, quella di Corinto che anche è ricca e fa la stess’arte di Megilla, tolsero me per sollazzarle con la cetra.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





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