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      Ma mentre io me ne andavo per quella folla, mi fermai presso un vecchio che alla barba ed ai capelli bianchi m’aveva l’aria d’un uomo grave e degno di fede, il quale fra le altre cose che contava di Proteo, diceva come dopo che s’era bruciato, egli se lo aveva veduto proprio innanzi vestito di bianco, e come allora lo aveva lasciato che passeggiava nel portico dei sette echi tutto lieto e con una corona d’oleastro in capo: e a questo aggiungeva di quell’avoltoio, e giurava che con gli occhi suoi l’aveva veduto volare dalla pira. Eppure quell’avoltoio l’avevo fatto volare io per ridere un po’ di quegli sciocchi che m’avevan fradicio con tante dimande. Ora da questo pensa tu quante altre cose si dovranno spargere intorno a lui; quante api si aggrupperanno su quel luogo, quante cicale vi si uniranno, quante cornacchie vi voleranno, come su la tomba di Esiodo, e cotali altre fandonie. Ed io credo che gli saranno rizzate anche statue dagli Elei, e dagli altri Greci, ai quali egli ha mandate sue lettere: perocchè si dice che a quasi tutte le principali città egli abbia scritte lettere, come fossero il suo testamento, piene di avvertimenti e di precetti, e di averle affidate ad alcuni suoi amici da lui creati suoi ambasciatori, e chiamati nunzi dei morti e corrieri dell’inferno.
      Questa fu la fine dello sciagurato Proteo, uomo, a dirne in breve, che non riguardò mai alla verità, ma soltanto per aver gloria e lode dal volgo, disse e fece sempre ogni cosa, sino a perire nel fuoco per aver quelle lodi, delle quali non doveva godere perchè non più le sentiva.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





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