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      E quando ei giunse, il re subito lo fece legare e tenere prigione. Dipoi innanzi la Corte, che era stata presente quando ei spedì Combabo, fattolo venire, prese ad accusarlo, e gli rinfacciò l’adulterio e l’impudicizia; e con gravi lamenti gli disdisse la fede e l’amicizia, dicendo che tre colpe aveva Combabo, era adultero, era mancatore di fede, era empio verso la dea, al cui servizio egli stando aveva fatto questo. E molti lì presenti lo accusavano di averli veduti palesemente abbracciati insieme. Infine tutti opinano che subito muoia Combabo, chè il fatto suo era casodi morte. Ei fino allora era rimasto senza parlare, ma quando lo menavano al supplizio, parlò, e chiese il suo gioiello, dicendo, che egli era ucciso non per adulterio nè per altra ingiuria, ma perchè si bramava quel gioiello che egli nel partire aveva depositato. A questo il re chiama il tesoriere, e gl’impone di recare il vasello datogli a custodire. Come fu recato, Combabo trattone il suggello, mostrò quello v’era dentro, e lo storpio che s’aveva fatto, e disse: O re, questo temeva io quando tu mi mandavi a questo viaggio ed io non volevo andarvi: e poi che mi sforzasti, io feci cosa che fu bene al signor mio e non ventura per me: eppure non essendo più uomo, sono reo di ciò che solo chi è uomo può fare. A tali parole il re pieno di stupore lo abbracciò, e lagrimando gli disse: O Combabo, che gran male facesti! perchè contro te stesso così brutta cosa hai operato, che nessun uomo ha fatta mai? Io non posso lodarti, o misero, che hai sofferto tal cosa, che saria stato meglio per te non sofferire, e per me non la vedere.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





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