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      Tutto questo fassi fuori del tempio, e queste persone non entrano nel tempio. In questi medesimi giorni si castrano e diventano Galli. Mentre quella moltitudine suonano e celebrano le orgie, parecchi sono presi da furore; e taluno che venne pure a vedere la festa infuriò anch’egli, e fece come gli altri. Ed ecco quel che fanno. Il giovane che va in furore, gettate via le vesti, con grandi urli si fa piazza, e piglia un coltello. Ma io credo che per parecchi anni è disposto a questo. Pigliato adunque il coltello, subito tagliasi, e corre per la città, e porta in mano ciò che ha tagliato. In quale casa lo getta, da quella riceve una veste femminile, e tutto l’ ornamento da donna. E questo fanno nel castrarsi. I Galli che muoiono non hanno sepoltura come gli altri, ma quando muore un Gallo, i compagni lo pigliano su le spalle e lo portano nei sobborghi. Quivi depostolo col feretro in cui l’hanno portato, sopra vi gettano pietre: e fatto questo, se ne tornano; guardandosi per sette giorni di entrare in sagro, e se v’entrano prima, commettono empietà. E per questo ci hanno alcune leggi. Se uno di loro vede un morto, per quel giorno non entra in sagro: l’altro dì, poi che s’è purificato, v’entra: i parenti del morto debbono stare trenta giorni, poi si radono il capo, ed entrano: prima di far questo, l’ entrare è vietato.
      Sacrificano e tori, e vacche, e capre, e pecore: dei soli porci, credendoli immondi, non fanno sacrifizio nè mangiano: altri poi non li credono immondi ma sacri. Tra gli uccelli la colomba pare a loro una cosa santissima, da non poterla neppure toccare, e se involontariamente la toccano, si tengono maladetti per quel giorno.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





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