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      » Io ero in questa speranza, e vedendolo appressare la mano alla bocca, credevo non facesse altro che adorare.
      Antipatro. E che fece egli?
      Archia. Dipoi venimmo a sapere torturando un’ancella, che egli da molto tempo aveva in serbo un veleno per morir libero. Non appena aveva varcata la soglia del tempio, e rivoltosi a me: Porta questo ad Antipatro; Demostene no, non lo porterai, lo giuro.... e mi pareva che stesse per aggiungere: per i caduti in Maratona. Disse vale, e spirò. E in questo modo, o re, io assediai e presi Demostene.
      Antipatro. Degno di Demostene anche questo, o Archia. Oh anima invitta e beata! che virile proposito fu il suo, che politica antiveggenza tener pronta una sicuranza di libertà! Egli se n’è ito a vivere nelle isole de’ Beati insiem con gli eroi, o nel cielo per le vie dove vanno le anime, per diventare un genio seguace di Giove Liberatore. Il corpo noi manderemo in Atene, ornamento a quella terra più bello dei caduti in Maratona.
     
     
     
     
      LXXIII.
      IL PARLAMENTO DEGLI DEI.
     
     
      Giove, Mercurio e Momo.
     
      Giove. Non mormorate più, o Dei, non fate cerchielli bisbigliandovi all’orecchio, e sdegnandovi che molti senza meritarlo hanno parte nel nostro banchetto. Giacchè per questo s’è chiamato parlamento, dica ciascuno quel che gli pare, ed accusi ancora. Fa il bando, o Mercurio, secondo la legge.
      Mercurio. Udite, tacete. Chi tra gli schietti Dei, che ne hanno il diritto, vuol parlamentare? Si delibera intorno ai nuovi venuti ed ai forestieri.
      Momo. Voglio io Momo, o Giove; se mi permetti di parlare.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





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